Domenico Imperato: «Torniamo ad ascoltare anche il silenzio». L'INTERVISTA
A tu per tu con il cantautore pescarese, in uscita con il suo terzo progetto discografico intitolato “Sentimentale“

È disponibile dallo scorso 5 maggio, sia in fisico che in digitale, “Sentimentale” il nuovo progetto artistico di Domenico Imperato. Si tratta del terzo disco del cantautore pescarese, un progetto che chiude una sorta di trilogia iniziata con "Postura Libera" del 2014 e proseguita poi con "Bellavista" del 2018. All'interno troviamo tutte le ispirazioni, le riflessioni e le suggestioni raccolte in questi anni di musica.
Intervista a Domenico Imperato
Partiamo dal titolo “Sentimentale”, in questo progetto lo intendi più come un aggettivo o come un sostantivo?
«Forse più come un aggettivo… nel brano parlo di un’estate "Sentimentale". Ma non escludo anche il significato come sostantivo. Di base ho sempre creduto che le parole una volta che le scegli come titolo di un disco finiscano per arricchirsi di altri contenuti, significati, immagini ed è come se implodessero in un nuovo significato ancora più ricco. Mi piace l’idea di aver scelto un’unica parola come titolo del disco, conferisce una certa forza e sintesi. Poi questa parola in particolare credo sia molto densa, con un certo fascino ed anche non molto usata e abusata».
Si tratta del tuo terzo progetto in studio, quali skills pensi di aver maturato rispetto ai precedenti lavori?
«Rispetto al passato ho fatto un gran lavoro di scrittura. Non mi sono accontentato. Ho scritto tanto e lasciato riposare i brani in forma cruda strumento e voce. Alcune cose che non giravano al meglio le ho anche riscritte fino a quando non ero pienamente soddisfatto. Credo di aver maturato una scrittura più diretta, più efficace ma cercando di non perdere per strada la qualità, la visione poetica e d’autore. Inoltre anche al livello di produzione mi sono messo in discussione di più rispetto al passato. Per la prima volta ho prodotto il disco da solo chiuso nel mio studio, suonando la maggiora parte degli strumenti. Solo in una seconda fase ho finalizzato il lavoro con il producer Valerio Pompei e abbiamo inserito altri musicisti e arricchito il lavoro».

Un approccio pop e un’attitudine che rispetta la canzone d’autore: che tipo di lavoro c’è dietro la fusione di questi due mondi apparentemente lontani?
«Credo sia l’attitudine più difficile da realizzare. Credo che bisogni ascoltare tanta musica buona, leggere, ricercare, curiosare… e poi maturare piano piano una propria personale poetica, un linguaggio e una firma che sono solo tue. Questo per me è successo con i primi due dischi, soprattutto con il primo. In questa fase forse si tende o ad abbondare un po’ o a non essere troppo pronti… In questo disco ho cercato di prendere tutto questo mio calderone musicale, acquisito con gli anni, e snellirlo: ho lavorato di sottrazione come in una scultura, per cercare di arrivare ad una forma pop ma intelligente, con contenuti d’autore».
Qual è il tuo personale parere sull’odierna fruizione della musica? Quali sono i pro e i contro di tutta questa accessibilità?
«Chiaramente il vantaggio di oggi è di potere conoscere una quantità enorme di artisti, di scoprire musica che arrivata da tutto il mondo restando seduti a casa propria. Questo è fantastico e stimolante per tutti, ancora di più per un musicista. Allo stesso tempo c’è il rischio di perdersi in un oceano musicale e comunicativo enorme… questa abbondanza va un pochino autocensurata: troppa comunicazione rischia di non fare arrivare il messaggio nel modo giusto. C’è il rischio di perdersi. Inoltre l’ascolto è diventato più facile ma anche più rumoroso, più distratto. Si ascolta musica ovunque ma spesso male. Una volta ci si sedeva su un divano da soli e si ascoltava un buon disco, questa necessità di un ascolto vero e profondo sta proprio alla base del ritorno in vita del vinile. La cosa che odio di più di oggi sono i volumi altissimi delle produzioni, che vengono poi sganciate sui telefonini e che spesso da musica si trasformano soltanto in rumore e disturbo con poco contenuto o emozione. Forse manca un po’ di silenzio. Il silenzio è importante e fa parte della musica. Dovremmo ogni tanto spegnere un po’ tutto e tornare ad ascoltare anche il silenzio».
Nella traccia “Il mio vero Mestiere” racconti molto di te, ma come descriveresti il ruolo del cantautore oggi?
«Il cantautore oggi è una specie di Don Chisciotte alle prese con i mulini a vento ahahah Non senza vergogna credo che sia un mestiere un po’ in disuso. Ci vuole una certa dose di masochismo, passione e follia per imbarcarsi in questa avventura. Le persone si stanno disaffezionando alla musica dal vivo, ai concerti, al semplice fatto di restare in silenzio (appunto!) per un’ora ad ascoltare un musicista. Forse le mia parole suonano un po’ apocalittiche e forti… ma credo sia la verità di quello che osservo intorno. La musica quotidiana, come rito sociale per stare insieme, come momento culturale credo stia un po’ sparendo. Ci sono sempre meno spazi, soprattutto dopo il periodo pandemico. Questa cosa chiaramente non vale per tutti. C’è ancora tanta gente che ha bisogno di uscire per ascoltare un concerto. Il cantautore in tal senso fa una specie di lavoro socialmente utile, portando un mondo che sta un po’ scomparendo alle persone e mantenendolo vivo. Credo che alla fine siamo importanti proprio per questo. Sarebbe bello investire di più su musica e cultura, avere un po’ più di interesse e partecipazione».
Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un disco come “Sentimentale”?
«Le canzoni di questo disco mi rendono orgoglioso. Credo che siano delle canzoni con un forma parecchio compiuta, che possano arrivare bene a tutti. È successo in realtà già con i primi singoli pubblicati e ne sono contento. Il riconoscimento da parte delle persone del lavoro svolto è la prima cosa importante che può darti soddisfazione. Forse al livello di testi sono riuscito a dire delle cose importanti in un modo poetico, che è sempre il mio tentativo principale. Sono felice di averle scritte e di cantarle dal vivo. E sono super felice che le persone le cantino ai miei concerti. Alla fine questa è la cosa più bella».