Giordana Angi: «La fragilità ci rende più empatici nei confronti del prossimo» L'intervista
È una delle penne più emotive e raffinate della scena musicale italiana, nonché abile interprete in grado di sbalordire l'ascoltatore con il proprio pathos. Lei è Giordana Angi, al suo ritorno discografico con l'album "Questa fragile bellezza"

È fuori da venerdì 28 ottobre per Virgin Records / Universal Music Italia "Questa fragile bellezza", il terzo album in studio di Giordana Angi, cantautrice che ha saputo ancora una volta sbalordire grazie al proprio ispirato carisma, all’innata attitudine compositiva e all’inconfondibile magnetismo interpretativo.
La sua penna si conferma essere pura, attenta ed esperta. Marchio di fabbrica è, come sempre, la capacità di esprimere concetti con stile e trasparenza, arrivando al nocciolo della questione in maniera diretta e senza troppi giri di parole. Il risultato è un disco che attraversa le sfumature del nostro animo, dall'amore al dolore.
Intervista a Giordana Angi
Come si è articolato il processo creativo di "Questa fragile bellezza"?
«Le tracce sono nate come sempre dalla mia esigenza di scrivere e di buttare giù quello che sento, per cercare di rileggermi e capirmi un po' di più. Sono canzoni nate nell'ultimo anno e mezzo, alcune anche prima, ma che ho poi rilavorato. Sono partita da una trentina di pezzi per poi arrivare a dodici, li ho scelti con l'intenzione di non voler annoiare me stessa e nella speranza di non annoiare chi si ritroverà ad ascoltare questo album. L'esigenza è stata quella di realizzare una scaletta con storie diverse e non ripetitive».
Come sei arrivata alla scelta del titolo?
«La scelta del titolo è arrivata in un secondo momento, a lavoro finito, analizzando il risultato complessivo. Tutto parte da un'amica vera che è stata la mia insegnante di italiano al Liceo, da lì siamo sempre rimaste in contatto e ci conosciamo praticamente da quindici anni. Così come per i precedenti lavori, le ho mandato il disco chiedendole cosa ne pensasse. Riflettendo sul titolo da dare, è nata con lei questa chiacchiera sulla fragilità e sulla bellezza intesa come qualcosa di non superficiale, piuttosto come la consapevolezza che deriva dal dolore, dalle difficoltà e dall'incomunicabilità».

Eppure nel vocabolario il termine "fragilità" assume un significato diverso, ovvero: "la facilità di rompersi al minimo urto o di cedere alla minima occasione". Ascoltando questo disco, invece, si rivela quasi una qualità e la stessa parola può anche essere letta come un'opportunità, non credi?
«Certamente, il dolore è un'occasione. Chiaramente mentre lo vivi è dolore e basta, poi può essere interpretato anche come un'opportunità, proprio come dici. Col tempo ho fatto pace con la mia fragilità, più che altro l'ho compresa e ho imparato a trasformarla in qualcosa di buono. La musica e l'arte in generale ci restituiscono un significato diverso rispetto al nostro senso comune, ma sono certa che dal fondo si possa risalire, perché l'ho vissuto sulla mia pelle. Credo che l'atteggiamento e la consapevolezza possano fare davvero la differenza rispetto alle nostre azioni. A volte fa male, perchè la vita non sempre ti spiega le cose con semplicità o delicatezza, però penso che il nostro compito sia quello di migliorarci tramite queste esperienze fino a diventare più empatici nei confronti del prossimo».
È un disco che dopo l'ascolto ti lascia tanta vita, perché all'interno ci sono tracce che ti svuotano e altre che ti riempiono. Quali sono gli aspetti che ti rendono orgogliosa e soddisfatta del risultato finale?
«Sono contenta perché mi sono data il giusto tempo e il giusto spazio per realizzare queste tracce. Una canzone può essere scritta in tre minuti così come in tre anni, dipende sia dall'ispirazione che dalla tua visione del lavoro. In questo caso, mi sono dedicata pienamente anima e corpo a questo disco. Scrivere canzoni è complicato rispetto ad altre forme letterali, la difficoltà sta nel condensare in pochi minuti una storia o un concetto. È un esercizio complesso che credo mi rappresenti, perché si lega parecchio al fattore emotivo e io tendo a darmi completamente nel tirare fuori di ciò che sento, altrimenti al pianoforte non mi ci siedo nemmeno. Mi posso ritenere soddisfatta del risultato e sono emozionata all'idea che questo album stia finalmente per uscire».

Perla tra le perle è "Un autunno fa", canzone che non ti nascondo mi sarebbe piaciuto sentire accompagnata da una certa orchestra di un certo comune in provincia di Imperia. Al di là di questo, devo ammettere che mi ha molto colpito quello che hai scritto di recente sui social, il tuo stupore nel vedere questo pezzo nella Viral 50, a dispetto di ciò che va di moda oggi. Possiamo affermare che, alla fine, essere se stessi premia ancora?
«Non saprei, dipende da cosa si intende in questo caso per il premio. Il riconoscimento per me è sentirmi a posto con la mia coscienza, anche perché mi è capitato di fare in passato delle cose forzate e un po' di corsa, senza dedicarci magari il giusto tempo. Ecco, questa cosa non la voglio più vivere, perché la musica per me è qualcosa che ha molto a che fare con l'intimità e se mi ritrovo nella condizione di proporre qualcosa che non mi rappresenta allora, a quel punto, tutto cade a pezzi. Se la moda è un'altra ne prendo atto, ma continuo a voler essere me stessa, altrimenti starei male».
Per concludere, cosa pensi sia cambiato dentro e fuori di te rispetto alla tua uscita da Amici? E, al contrario, cosa pensi sia rimasto uguale?
«Guarda, credo che sia rimasto identico il mio spirito, il mio approccio alla musica. Scrivo perché ne sento l'esigenza e questo non può cambiare, poichè si tratta di un fattore che mi accompagna da sempre. Per quanto riguarda le diversità, invece, quella era una Giordana felice e soddisfatta del lavoro svolto, proprio come lo sono adesso, ma forse ancora in fase di ricerca della propria stabilità. Erano anni che cercavo di propormi musicalmente e Amici ha rappresentato per me un vero e proprio inizio. Aver raccolto i frutti di quanto seminato in precedenza, mi ha permesso oggi di sentirmi ancora più tranquilla, di alzarmi la mattina e sentirmi serena per avere la possibilità di aiutare i miei, senza più affannarmi per arrivare a fine mese. Forse alla fine è cambiato questo, non la mia visione della scrittura, bensì l'approccio un tantino differente».