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Ivan Cattaneo: «I miei 70 anni a suon di vita, arte e musica». L'INTERVISTA

Aggiornamento: 4 giorni fa

Nel giorno del suo 70esimo compleanno, ospitiamo sulle nostre pagine Ivan Cattaneo per ripercorrere le tappe più rappresentative del suo percorso di vita e di musica

ph Nikka Dimroci


70 primavere e non sentirle. Questo lo spirito di Ivan Cattaneo nel giorno del suo compleanno a cifra tonda. Una vita trascorsa nell’arte, nella musica e nella rivoluzione del costume. Anticipatore puro di mode e tendenze. Il cantautore lombardo, nato a Bergamo il 18 marzo del 1953, ha ripercorso con noi le tappe fondamentali della sua carriera.


Intervista a Ivan Cattaneo


Buon compleanno Ivan! Se dovessi chiederti un bilancio hai più nostalgia del passato o voglia di andare avanti?


«Una grande voglia di andare avanti, assolutamente! Seppur con il massimo ricordo di tutto il mio passato, di cui non rinnego nulla. Ma ora sento il bisogno di tirare fuori il nuovo Ivan, quindi va bene celebrare quello che è stato, ma mai con un atteggiamento troppo nostalgico che rischia di sfociare in qualcosa di patetico».


Quando e come è arrivato l'incontro con l'arte e in modo particolare con la musica?


«Non credo di aver avuto una qualche folgorazione nei confronti della musica, in realtà ho sempre avvertito il bisogno di voler creare, più che di comunicare qualcosa. Non a caso le mie passioni si sono manifestate quasi tutte insieme, dal dipingere allo scrivere. La musica ha fatto parte della mia vita sin da piccolo, dopo aver imparato a suonare la chitarra, ma non è mai stata l’unica mia forma di espressione. Il mio desiderio è sempre stato quello di inventare storie o immagini attraverso qualsiasi mezzo. Tutti questi mondi possono convivere tra loro, ma guai ad amalgamarli troppo, poiché rimangono comunque linguaggi differenti. Sogno un giorno di trovare la formula per unire perfettamente queste forme d'arte diverse fra loro».


Sei considerato da molti un’icona degli anni ’80, è un titolo che ti fa piacere e in cui ti riconosci?


«Penso che le etichette siano sempre molto limitanti, però vanno di moda in quest'epoca, perchè meno conosci qualcosa e più tendi a dare delle definizioni. Per uno che conosce soltanto “Una zebra a pois”, non faccio fatica a credere che sia così. Sai, dipende molto dalla promozione e dal tipo di pubblicità, ma se un artista continua a creare appartiene a tutte le epoche. Io sono andato avanti, ma se esci fuori da determinati circuiti, rischi che questi progetti passino inosservati».


Puoi ritenerti un testimone di un cambio sociale direi epocale, come sono cambiate nel tempo le possibilità per affermare la propria identità sessuale?


«Sinceramente non me ne preoccupo più molto, della serie "ho già dato"! Sono stato davvero uno dei primi, se non il primo, a fare coming out e a rischiare di persona per convalidare, affermare e scagliare in faccia ai benpensanti di allora la propria indole sessuale, ma soprattutto artistico-umana. Di fatto, la società è cambiata, forse in peggio sotto molti punti di vista, ma anche in meglio. Noto comunque un lentissimo avanzare di nuove idee, basti pensare che l'ultima nuova forma di arte musicale è il rap, la cui nascita risale a più di quarantacinque anni fa. Direi che i ragazzi di oggi si esprimono con la musica dei loro nonni credendosi degli avanguardisti (ride, ndr)».


Fra i protagonisti della nuova scena musicale, chi reputi interessante?


«Senza alcun dubbio Dario Farini, in arte Dardust che è un mio grande amico. Pensa che il suo primo arrangiamento lo fece per un mio album del 2005 che si intitolava "Luna presente". Devo per altro dire che ho sempre portato molta fortuna agli arrangiatori che iniziarono con me muovendo i loro primi passi, vedi Roberto Colombo e ora Dario Faini».


A proposito di tv, come valuti a distanza di tempo l’esperienza di Music Farm?


«E’ stata una bella esperienza, ho dei bellissimi ricordi. C’era un bel laboratorio musicale, poi la cornice era meravigliosa, in Umbria, non molto lontano dal CET di Mogol. Ricordo “Music Farm” con piacere, anche per il privilegio di aver avuto al mio fianco compagni di viaggio del calibro di Loredana Bertè, Riccardo Fogli e i Ricchi e Poveri. Ero in buona compagnia diciamo (sorride, ndr)».


Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo estro creativo?


«I progetti sono sempre tantissimi, devo solo trovare la forza di selezionarli. Io sono un po' un accumulatore seriale e patologico, per cui di idee ne ho tante... ma tante, al punto che poi mi viene difficile separarle e distinguerle. In termini pratici, dovrei uscire con un nuovo singolo per l'estate e un album a dicembre, nel frattempo porterò uno spettacolo per piccolissimi teatri dove confluiranno tutte le mie idee sia pittorico-visive che recitative e musicali, inclusi i miei videoracconti-elettronici detti anche "tableaux mouvants"».


Per concludere, se dovessi chiederti cosa pensi di aver imparato in questi 70 anni di vita e quasi 50 di carriera, cosa risponderesti?


«Che l’arte è consolatrice. Se tutto rimane circoscritto nell’ambito privato e tarapeutico va bene, ma quando la musica si scontra con il business, la televisione e il mondo corrotto che la circonda, può diventare davvero pericolosa. Sai, la cultura può essere rappresentata da un bel quadro, da una bella canzone o da una bella poesia che ti conforta. Il monito che faccio ad ogni artista, ma anche e soprattutto a me stesso, è quello di cercare di star lontani il più possibile da questi demoni».

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