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Luigi Strangis: «Canto la libertà di decidere per me stesso». L'INTERVISTA

É il vincitore della 21esima edizione di Amici, nonché una delle voci più rappresentative della generazione Z. Lui è Luigi Strangis, in uscita con l'album "Voglio la gonna"

A qualche mese di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Luigi Strangis per parlare di "Voglio la gonna", album disponibile negli store digitali e tradizionali da venerdì 14 ottobre per l'etichetta 21co e distribuito da Artist First.


In scaletta dieci canzoni che mettono in risalto la crescita artistica del giovane cantautore e polistrumentista di Lamezia Terme, laureatosi vincitore dell’edizione 2022 di Amici. Il risultato è un disco ispirato e creativo, che mescola ricerca e sperimentazione con la voglia di marcare uno stile già ben definito.


Intervista a Luigi Strangis


“Voglio la gonna” è il tuo nuovo album, a cosa si deve la scelta del titolo?


«La scelta del titolo arriva dal desiderio di esprimere un concetto semplice quanto importante: oggi voglio la gonna, domani potrei volere un pantalone, oppure dopodomani indossare ancora qualcos'altro. È un modo di dire, alla fine significa concedersi la libertà di prendersi le proprie scelte, io stesso voglio decidere cosa fare e cosa voler essere. Secondo me è un messaggio giusto da lanciare di questi tempi, anche perchè racchiude al suo interno ciò che sono veramente. Questo sono io oggi: voglio la gonna».


E’ un disco che ho trovato in linea con la tua evoluzione, come si è svolto l’intero processo creativo?


«Tutto è nato durante le date degli instore e dei live che ho realizzato dopo la partecipazione ad Amici, non a caso il disco contiene molta dinamicità e mantiene lungo l'ascolto una sua energia. Rappresenta i viaggi che ho fatto e le cose che ho vissuto in questi mesi, esperienze che mi hanno portato ad avere tante cose da dire».



Tra i pezzi che più mi hanno colpito c’è “Tracce di te”, che non a caso è firmata interamente da te, mentre nelle altre canzoni hai dato sfoggio delle tue doti da interprete. Pensi sia questo tuo approccio da polistrumentista che ti permette di performare con la stessa credibilità sia in pezzi scritti da te che in brani di altri?


«Sì e ti spiego anche il perché: avendo studiato musica ho imparato ad analizzare e ad essere pienamente consapevole di quello che faccio, diciamo pure che ho maturato una visione più completa dell'insieme, partendo dalla melodia fino ad arrivare al testo di una canzone. Suonare la chitarra mi ha insegnato anche l'importanza dell'improvvisazione, di conseguenza non faccio tanta differenza se un brano l'ho scritto io o qualcun altro. La musica è condivisione, ma è anche un linguaggio... per questo motivo è bello parlare a più voci, altrimenti sarebbe un semplice monologo. Proprio per questo motivo nel disco ci sono sia pezzi miei che di altri».


Per citare il titolo del singolo apripista “Stai bene su tutto”, reputi che la tua musica possa star bene anche su un palco come quello dell’Ariston di Sanremo?


«Beh, perché no? Ovviamente per un palco del genere e così imponente ci vuole il pezzo giusto, un pezzo che sento particolarmente e che ritengo adatto ad una vetrina così importante. Sì, diciamo pure che con un buon pezzo sarei più che felice e onorato di partecipare al Festival».


A proposito di palchi importanti, in questo caso familiari, com’è stato tornare in veste di ospite nello studio di Amici e rivedere le persone con cui hai condiviso otto mesi di vita?


«Sai, in quel momento, Maria (De Filippi, ndr) non aveva detto certo una bugia, perchè stavo tremando davvero! È stato particolare, come guardare le cose da un altro lato e da una prospettiva diversa, probabilmente come non le avevo viste prima. Non saprei nemmeno spiegarti bene il tipo di sensazione, era qualcosa che non avevo mai vissuto sulla mia pelle. Poi è partita la musica e tutta l'emozione è passata in secondo piano, perché alla fine sfogo tutto durante l'esibizione».


Per concludere, a questo punto del viaggio, pensi di essere riuscito a trovare un giusto equilibrio tra la tua voglia di sperimentare e il desiderio di consolidare la tua identità artistica?

«Sì, non dico di aver raggiunto la mia dimensione, ma comunque la sto cercando e modellando a dovere. Penso che la musica sia una continua ricerca, anche perchè i grandi a cui mi ispiro sono tutti dei colossi che della sperimentazione ne hanno fatto un'arte, cito tra tutti David Bowie. Punti di riferimento molto importanti che mi insegnano a non fermarsi mai davanti alla propria identità, per cercare di migliorarsi e di evolversi in continuazione».


La videointervista a Luigi Strangis


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