Modà: «A Sanremo per toccare il cuore delle persone sole». L'INTERVISTA
Alla vigilia dal ritorno sul palco dell'Ariston a dieci anni alla precedente ultima partecipazione, il leader della band si racconta a cuore aperto in questa nostra intervista

ph Doublevision.film
Manca pochissimo al ritorno dei Modà al Festival di Sanremo, rassegna che li ha visti partecipanti nel 2005 tra le Nuove Proposte con "Riesci a innamorarmi", nel 2011 in coppia con Emma con "Arriverà" e nel 2013 con "Se si potesse non morire". Tornano in gara quest'anno con "Lasciami", canzone che affronta il tema della depressione, scritta dallo stesso leader del gruppo milanese Francesco "Kekko" Silvestre, con cui abbiamo chiacchierato a ridosso dall'inizio della kermesse canora.
Intervista ai Modà
Averti con noi a pochi giorni dall’inizio del Festival non è un caso, perché corrisponde alla quarta partecipazione dei Modà in gara a Sanremo. Come ti stai preparando per questo ritorno?
«Da un punto di vista vocale, mi sto preparando cantando praticamente quasi tutti i giorni, provando la canzone e tenendo allenate le corde vocali. Poi, da un punto di vista mentale ed emozionale, su quella roba lì c’è poco da allenarsi. Quando arriveremo lì e vivremo quella situazione capiremo se saremo pronti o meno, però possiamo dire che Sanremo è un palco sempre diverso, che può giocare anche qualche scherzo. Se io andassi a cantare “Tappeto di fragole”, probabilmente chiuderei gli occhi e metterei il pilota automatico, mentre per un brano inedito non è così, vale la pena mettersi in gioco, provarlo e riprovarlo più volte».
"Lasciami" è un brano che colpisce perché dal punto di vista musicale rispecchia in pieno quello che è il vostro mondo, ma a livello testuale ha una chiave di lettura diversa rispetto anche a quello che ci si può aspettare dalla tua penna, no?
«Sai, le canzoni sono sempre un po’ per tutti, dopo averle scritte devi dare modo alle persone di poterle interpretare nel modo in cui preferiscono e “Lasciami” questa chiave te la dà. Poi, chiaramente, in questo caso ne ho voluto parlare perché ci tenevo a far sapere che non si trattava di una canzone d’amore, raccontando un tema così delicato su di un palco così importante. L’obiettivo è arrivare alle persone che come me soffrono di depressione e che si sentono sole, perché questa malattia mi ha insegnato a parlarne senza vergognarsi».
La protagonista a cui ti rivolgi non è una donna, ma la depressione. Ci vuole coraggio per parlare di questo argomento, dopo che per interi decenni, oserei dire anche secoli, era stato considerato un tabù. L’espressione utilizzata era "mal di vivere"...
«Esatto, mal di vivere. Francamente da bambino non ricordo nemmeno se a scuola c’era uno psicologo, forse uno per tutto l’istituto. Oggi come oggi, credo che chiunque debba intraprendere un percorso di analisi, anche quando si sta bene. Non basta prendere un farmaco, bisogna applicarsi e cercare di vedere le cose in modo diverso. Lo psicologo ti insegna questo e vorrei portare questo messaggio in un contesto così importante, per far capire alle persone che se ne può venir fuori… magari non del tutto, ma si può tornare a vivere. Ci si può convivere con la depressione e “Lasciami” dice proprio questo, di farlo in silenzio, senza farmene accorgere, perché mi hai insegnato talmente tanto che ho quasi paura a rimanere senza di te. È un ballo romantico, un rapporto di odio e amore».
Nella serata delle cover canterete “Vieni da me” con Le Vibrazioni. Com’è arrivata l’idea di mettere insieme queste due band della scena milanese, nate parallelamente, più o meno nello stesso periodo?
«Le Vibra c’erano prima di noi e sono quelli che hanno rilanciato in quegli anni un po’' la moda delle band. Noi c’eravamo già, però loro sono arrivati prima al grande pubblico. In un’epoca in cui la musica suonata non esiste praticamente più, il fatto di portare con noi sul palco un altro gruppo di musicisti, pensavamo potesse essere una cosa bella per tutti, per dare lustro alla musica suonata».

Questa è la quarta partecipazione dei Modà in gara al Festival, ricordo che tu hai lo hai anche vinto in veste di autore per Emma nel 2012, ma hai anche scritto per altre artiste, ad esempio nel 2015 avevi ben tre tuoi pezzi. Come lo descriveresti il tuo rapporto col Festival?
«Anche quello con il Festival è un rapporto un po’ di odio e amore, ma la verità è che Sanremo ci ha sempre dato tanto. Forse quello che abbiamo vissuto peggio è stato il primo, quello del 2005 tra le Nuove Proposte. Non perché demeritassimo di uscire, ma fu una delusione per dei ragazzini che salivano per la prima volta su quel palco all'una e un quarto di notte e che venivano mandati via dopo una sola esibizione. Quello di quest'anno sarà un Sanremo molto cambiato rispetto alla nostra ultima partecipazione di dieci anni fa, l'impressione è che sia diventato un po' la Champions League della musica, una kermesse di star e per noi è un onore far parte di questo cast».
Ricordo male o nel 2010 veniste scartati anche con “Sono già solo”?
«Certo.... e direi menomale! Altrimenti, magari, il brano non avrebbe avuto lo stesso successo! Vedi, non tutti i mali a volte vengono per nuocere, bisogna saper cogliere la parte positiva di ogni cosa che succede».
In riferimento sempre alle precedenti partecipazioni, sia come band che come autore, fatta eccezione naturalmente per il caso di “Non è l’inferno”, c’è un’edizione che pensavi onestamente di poter vincere, oppure l’idea non ti ha mai sfiorato?
«In realtà, non per la bellezza della canzone, ma per come si votava in quel periodo lì: nel 2011 con "Arriverà", noi ed Emma, arrivavamo con tutti i favori dei pronostici. Poi ci siamo ritrovati davanti Roberto Vecchioni, con una poesia clamorosa. Francamente pensavamo di poter vincere noi, anche se "Chiamami ancora amore" era la canzone più bella, visto il televoto e gli artisti che avevano vinto negli anni precedenti. Alla fine, andò bene comunque così. Quella fu l'unica volta, perché poi nel 2013 sapevo che non avevamo una proposta molto commerciale, perché "Se si potesse non morire" era una canzone molto introspettiva. Mentre la sua "L'essenziale", sin dal primo ascolto, aveva sicuramente una marcia in più. Con Marco ci siamo incrociati a Sanremo Giovani qualche settimana fa, ricordando di dieci anni fa... ma credo che anche quest'anno potrebbe bissare la vittoria, perché dicono tutti che ha un pezzo meraviglioso, glielo auguro».
Per concludere, in riferimento al messaggio contenuto all'interno di "Lasciami", uno dei rimedi per esorcizzare il veleno raccontato nella canzone è la musica, che molti descrivono come un’ancora di salvezza, o come un luogo in cui rifugiarsi. Ma ci sono mille modi per descrivere e intendere questa forma d’arte. Cosa rappresenta per te la musica e cosa ti ha insegnato finora?
«La musica è la mia casa sull'albero, mi ha insegnato ad essere me stesso, perché poi io non sono uno che parla molto di sè e frequenta troppo i social network. Attraverso la musica riesco a raccontarmi, è come se lo facessi senza farmi vedere, attraverso un megafono. Non mi vedete negli atteggiamenti quotidiani che faccio, ma in realtà sono una persona normale come voi, un vecchio, un nazionalpopolare, come mi chiamano in giro. La musica mi ha insegnato che mostrarsi nella propria normalità può essere la cosa più difficile del mondo, allo stesso tempo è la cosa più bella del mondo. Da quando non c'è più quella grande visibilità, riesco a vivere la mia vita godendomi questa mia passione».