Mr Rain: «A Sanremo per diffondere e condividere la mia esperienza». L'INTERVISTA
Quattro chiacchiere con il rapper bresciano a pochi giorni dal debutto sul palco dell'Ariston di Sanremo, in gara alla 73esima edizione del Festival con il brano "Supereroi"

Ha all’attivo oltre 700 milioni di streaming, 13 dischi di platino e 5 oro. Tra le canzoni che compongono il suo repertorio ricordiamo “Fiori di Chernobyl”, “Carillon”, “Meteoriti” e “Ipernova”. Lui è Mattia Berlardi, alias Mr Rain, uno dei più talentuosi artisti della scena rap italiana, che si prepara a fare il suo debutto al Festival di Sanremo con "Supereroi", brano composto a sei mani insieme a Federica Abbate e Lorenzo Vizzini, In questa intervista, parleremo del suo percorso di preparazione per l'impegno festivaliero e del significato profondo della canzone proposta in gara.
Intervista a Mr Rain
“Supereroi” è il titolo del brano autobiografico, intimo e sincero che ti appresti a presentare a Sanremo, come ti stai preparando per questo debutto?
«Tanto per cominciare sono felicissimo di partecipare al Festival, avere la possibilità di farmi conoscere per come sono realmente, penso sia l'aspetto più importante, perché ho sempre fatto parlare le canzoni al posto mio. Mi sto preparando cantando un sacco di volte il pezzo, non vedo l'ora di salire sul palco e sono al settimo cielo, perché sto provando a entrare a Sanremo da diverso tempo. Credo molto nel destino e questo è, forse, il pezzo giusto al momento giusto. Oggi mi sento meglio come persona e cresciuto come artista».
Quale messaggio ti piacerebbe riuscire a lanciare dal palco dell’Ariston con questa canzone?
«È una canzone autobiografica che ho scritto dopo aver superato un periodo cupo, parla del fatto che nessuno può salvarsi da solo. A volte basta un semplice passo, proprio come il primo uomo sulla luna. Quando arrivi ad accettare le tue insicurezze e capisci di dover chiedere aiuto, in quel preciso istante cominci a vivere veramente. Se riesci a farlo sei un supereroe, anzi al plurale come nel titolo della canzone, siamo tutti supereroi».
Farsi aiutare quando si vivono momenti bui spesso viene visto come un gesto di debolezza, ma in realtà rappresenta un vero e proprio atto di forza e di coraggio...
«Nel mio caso si è trattato di un percorso composto da più episodi, sono una persona sincera che dà tanta fiducia, per questo di delusioni ne ho ricevute parecchie. Al posto di esternare tutto, ho racchiuso tutto dentro di me per diverso tempo, fino a quando non ce l’ho fatta più. Per me è fondamentale sdoganare determinati argomenti, in questo modo cerco di dare il mio contributo. “Supereroi” è una canzone che, a mio parere, ci unisce e ci normalizza. Il pezzo potrà piacere o no, ma era fondamentale portare a Sanremo questo tipo di tematica».
Alla fine, è un po’ come se ciascuno di noi avesse dei superpoteri che non è in grado di riconoscere e di tirare fuori da solo, no?
«Esatto, perché solo confrontandoti con qualcuno emergono sia i tuoi punti di forza che quelli più deboli. Spesso, però, in preda all'ansia e al panico non riesci a guardarti in terza persona, quindi non noti certe cose e ne dai per scontate altre. Parlare apertamente con chi ti vuole bene e chi ti vuole aiutare è un modo per crescere insieme».

In alcuni passaggi del testo fai riferimento anche alla condivisione del dolore stesso, alle esperienze comuni, alle cicatrici che si somigliano, seppur siano state provocate da eventi differenti. A volte tendiamo a rinchiuderci in noi stessi, non ci sentiamo capiti e finiamo per piangerci addosso. Sapere di non essere soli è la chiave per la salvezza?
«Sembra scontato da dire, ma è un qualcosa a cui arrivi dopo un bel po' di tempo. Nel mio caso specifico, c'è stato un percorso di crescita personale e non è stata una cosa immediata. Ho impiegato davvero del tempo per capire che non ero l'unico a vivere determinate situazioni. Poi ti rendi conto che, alla fine, abbiamo tutti le stesse cicatrici provocate da dolori che coincidono, ferite che si somigliano. Parlarne con chi ha vissuto le stesse cose ti restituisce speranza, ti dà un senso di libertà di pensiero e di parola che ti fa vivere meglio».
“Il peggiore dei finali non cancella mai un nuovo inizio” cantavi in "Fiori di Chernobyl". Il bello delle tue canzoni è che c'è sempre un filo conduttore e "Supereroi" l'hai definita come una canzone di passaggio che si lega alle tue produzioni passate, ma rappresenta allo stesso tempo un nuovo inizio...
«È un'apertura verso una nuova versione di me, "Supereroi" sarà un punto di rottura, nel senso che non abbandonerò mai questo mio mondo, ma cercherò di svilupparlo e arricchirlo con sfumature differenti. Però questa canzone segnerà un'apertura a un nuovo pianeta. Presentarmi su un palco come quello di Sanremo con qualcosa di totalmente diverso, non sarebbe stato rispettoso nei confronti del mio percorso. Ho sempre seguito ciò che mi sentivo di fare, per cui portare al Festival qualcosa magari di più sperimentale, ma che non rappresentasse tutto ciò che ho fatto prima, credo che sarebbe stato come dimenticare una parte di me».
Un messaggio così forte in grado di infondere speranza, come un raggio di sole dopo una tempesta. Dato che diverse delle tue canzoni sposano questo tipo di narrativa, credi nel potere terapeutico che si nasconde tra le righe delle canzoni e sul fatto che la musica possa amplificare, favorire e ispirare questo genere di riflessioni?
«Per me notevolmente, con la musica puoi fare tantissime cose, aiutare moltissime persone e arrivare in posti irraggiungibili con il semplice pensiero, persino spostare gli oceani. La musica ci condiziona e non ci fa sentire soli, io cerco di dare il mio contributo in questo modo. Chi ascolta "Supereroi" deve capire che non è solo e che c'è sempre speranza. In determinati momenti difficili della mia vita, avrei voluto ascoltare una canzone come questa, per farmi aprire gli occhi e infondermi più coraggio».
Ad aprile partirai in tour, incontrerai di nuovo il tuo pubblico, ma anche e soprattutto le persone che impareranno a conoscerti durante il Festival. Sei curioso?
«Io sono super curioso! In questi giorni mi capita di pensare a cosa potrebbe succedere, non ti nascondo che mi piacerebbe molto che determinate persone si avvicinassero alla mia musica grazie a Sanremo e a questa canzone a cui tengo molto. Non vedo l'ora di tornare a fare concerti, perché quello è il momento più bello di questo lavoro, cantare all'unisono e sentirmi parte del pubblico. I live riescono a creare una sintonia, una sorta di magia che non è replicabile in nessun altro modo».
Per concludere, so che hai già fatto le prove all’Ariston, com’è stato l’impatto con quel palco e con l’orchestra? Avverti una qualche responsabilità?
«Responsabilità sicuramente, perché non porto una canzone affatto semplice per quanto riguarda la tematica. In questo momento, mi sento portavoce della mia storia. Le prove sono andate benissimo, sentire il brano suonato da una grande orchestra è stato un sogno, per un compositore è il massimo della vita. È stato molto emozionante. Anche se sarò colto sicuramente da un po' d'ansia, cercherò di godermi il momento e di trarre solo il positivo da questa esperienza. Ho lavorato molto per arrivare fino a qui, mi sento pronto per affrontarla nel migliore dei modi. Sto coronando il mio sogno e non vedo l’ora di diffondere e condividere la mia esperienza».