Nesli: «È una vita che mi sento come una pianta cresciuta da un seme cattivo». L'INTERVISTA
Nel giorno dell'uscita del suo nuovo album "NESLIVING VOL. 4 – Il Seme Cattivo", abbiamo incontrato l'artista per approfondire il processo di nascita dell'intero progetto

A distanza di tre anni dal suo precedente disco, esce per Artist First a partire da venerdì 10 marzo sulle piattaforme digitali “NESLIVING VOL. 4 – Il Seme Cattivo”, l’undicesimo album in studio di Francesco Tarducci, in arte Nesli. Un progetto ricco e ben strutturato, frutto di un processo di cambiamento che ha portato l'artista a raccontarsi senza freni e senza filtri in queste nuove canzoni, per un totale di ventidue tracce profonde e autentiche, impreziosite dalle collaborazioni con Davide Shorty, Zoelle, Maruego, Jack The Smoker, Hanami e Raige. Approfondiamone la genesi con il diretto interessato.
Intervista a Nesli
Che tipo di lavoro c’è stato dietro la realizzazione di questo nuovo lavoro?
«L'album racconta di questi ultimi tre anni, non a caso sono presenti in scaletta ben 22 tracce. È stato un lavoro faticosissimo, devo dire la verità, impegnativo, avendo curato in prima persona anche la direzione artistica e la parte organizzativa. Il motore della saga Nesliving, alla fine, è proprio quello di creare e mettere in piedi il tutto in autonomia, proprio come accaduto sin dal primo volume uscito nel 2008, un aspetto che ha sempre caratterizzato la mia carriera».
Sui social lo hai definito il tuo ultimo disco, lo consideri più il tuo testamento musicale oppure la chiusura di un cerchio?
«Lo considero un po' il mio ultimo album, non mi immagino in futuro pubblicare altri dischi e raccontarmi ancora così tanto. Mi piacerebbe dedicarmi ad altro, scrivere canzoni per colleghi e seguire un processo più libero. La discografia oggi è diventata complicata, mi ci ritrovo meno. Sono contento perché mi hanno lasciato la libertà di realizzare un lavoro del genere, cosa affatto scontata. Oggi sento di aver detto tanto e, forse, tutto...almeno per me. Ripeto, mi piacerebbe poter dedicarmi all'attività di autore, occuparmi di musica anche in altro modo».

A cosa si deve la scelta del sottotitolo “Il seme cattivo”?
«Perché è da una vita che mi sento proprio così: una pianta cresciuta da una seme cattivo. Oggi, in quest'epoca in cui si parla tanto di incisività, diversità e parità, rivendico un'accezione che può sembrare negativa e la volontà a voler restare in piedi, a fare di tutto per farcela, a provarci, a reagire».
Per concludere, quali sono le caratteristiche che ti rendono orgoglioso di un progetto del genere?
«Sono molto soddisfatto delle parole che state utilizzando voi giornalisti, è la prima volta vivo bene il confronto con voi. Sarà per l'età più matura, ma oggi percepisco il vostro ruolo in maniera diversa, probabilmente ero io che la vivevo in maniera diversa. Però mi piace, non me l'aspettavo, anche perché sono consapevole che questo sia un disco impegnativo, oggi non è scontato che qualcuno l'ascolti e che si ponga delle domande. Ho analizzato il vostro ruolo e il vostro lavoro in maniera diversa, cosa che secondo me oggi è diventata fondamentale perché manca tantissimo questo genere di figura. Allora ben venga che questo sia l'ultimo disco, perché se penso alla longevità penso al business e io non voglio dedicarmi a quello».