Referendum: domenica si vota. Istruzioni per l'uso.
Aggiornamento: 29 ago 2022
Domenica 12 Giugno siamo chiamati alle urne per dare il nostro parere di elettori su ben cinque referendum. Ecco su cosa si vota e quali sono gli effetti del nostro si o del nostro no.

1. Incandidabilità per i politici condannati
Il primo quesito chiede di esprimere la volontà di abrogare (ossia di procedere ufficialmente all'abolizione di una legge) o meno il decreto legislativo n.235 del 31 dicembre 2012, attraverso cui è stato decretato che un individuo:
1. condannato in via definitiva per gravi reati penali (2 o più anni di reclusione)
2. o non ancora condannato, ma sotto processo per: - appartenenza a gruppi terroristici, nazionali o internazionali - oppure per appartenenza ad associazioni criminali organizzate - oppure per corruzione
non potesse più candidarsi o ricoprire, nel caso in cui fosse già stato eletto, alcuna carica elettiva o di Governose già condannato in via definitiva, o che venisse sospeso nel caso in cui fosse ancora indagato per uno dei reati sopra citati.
Votando per il “sì” voterai a favore dell’abrogazione di tale decreto. L'incandidabilità (stabilita dal decreto) non sarà più automatica, ma saranno analizzati i singoli casi (degli individui condannati o sotto processo).
I sostenitori di tale abrogazione sostengono che spesso l’attuale legge penalizza ed espone a una pubblica condanna gli amministratori locali non ancora condannati in via definitiva, ma sotto processo per appartenenza a gruppi terroristici o ad associazioni criminali organizzate o corruzione.
Votando per il “no” voterai a favore del mantenimento della legge attualmente in vigore.
I sostenitori del mantenimento della legge dicono che, abrogandola, si darebbe, anche a coloro già condannati in via definitiva, la possibilità di ricandidarsi, dando così l’accesso a persone condannate per mafia, terrorismo o corruzione a ricoprire una carica pubblica.
2. Limitazioni delle misure cautelari
Il secondo quesito chiede di esprimere la volontà di abrogare o meno il decreto legislativo n. 447 del 22 settembre 1988, il quale ha apportato delle modifiche all’articolo 274: tale decreto dà ai giudici la possibilità di disporre della custodia cautelare*, qualora credano che l’inquisito, nel caso disponesse della più completa libertà:
• possa commettere nuovamente il reato per cui è sotto processo
• o possa inquinare le prove
• o possa fuggire.
Votando “sì” voterai a favore dell’abrogazione del decreto, i sostenitori voglio abrogare tale legge perché sostengono che troppo spesso è utilizzata la detenzione cautelare, votando sì i giudici non potranno più disporre di essa.
Votando “no” voterai a favore del mantenimento della legge attualmente in vigore.
I sostenitori del mantenimento della legge dicono che abrogandola si darebbe a molti inquisiti la possibilità di inquinare le prove, fuggire o ripetere il reato (come accadeva prima dell’emanazione di questo decreto). Inoltre i sostenitori del “no” sottolineano come l’abrogazione di tale legge toglierebbe ai giudici anche la possibilità di indire l’allontanamento da determinati luoghi o persone nel caso di violenza domestica e stalking.
3. Separazione delle carriere nella giustizia
Nel corso della loro vita, i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini assieme alle forze dell’ordine, svolgendo la parte dell’accusa) al ruolo di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contraddittorio tra l’accusa e la difesa).
Votando “sì” voterai a favore della separazione tra le due carriere, in pratica un magistrato dovrà scegliere all’inizio della propria carriera se occupare il ruolo di giudice o di pubblico ministero; ruolo che poi manterrà a vita.
I promotori del “sì” sostengono che separare le due carriere porterà a una maggiore imparzialità dei giudici, in quanto slegati dalla funzione di pubblico ministero. Sostengono inoltre che non sarebbe ottimale per un sistema democratico porre una persona abituata ad accusare nella funzione giudicare, o viceversa.
Votando “no” voterai per la non separazione delle due carriere.
Per i sostenitori di tale decisione la separazione sarebbe inutile, in quanto giudici e pubblici ministeri hanno formazione, concorsi e organi di autogoverno in comune.
Inoltre, secondo loro, i pubblici ministeri, rimanendo legati a vita al governo, diventerebbero una sorta di avvocati della maggioranza dell’esecutivo.
4. Valutazione dei magistrati
Attualmente i magistrati ogni 4 anni sono valutati da un consiglio disciplinare, composto da altri magistrati, pubblici ministeri, avvocati e professori universitari di materie giuridiche.
Attualmente l’intero consiglio disciplinare si occupano della formulazione del giudizio, ma sono solamente i magistrati a procedere al voto sull’operato (di altri magistrati).
Con l'attuale referendum si vorrebbe estendere il diritto di voto anche a avvocati e professori universitari.
Votando “sì” voterai per estendere il diritto di veto anche a avvocati e professori universitari; i promotori di tale cambiamento sostengono che così facendo la magistratura sarà resa meno autoreferenziale e la valutazione più oggettiva
Votando “no” voterai per mantenere il sistema attualmente in uso. Per i sostenitori di questa scelta, dare il diritto di veto agli avvocati potrebbe portare i giudici ad avere pregiudizi od ostilità verso quegli avvocati che sono all'eterno del consiglio disciplinare di competenza del magistrato.
5. Elezione del Consiglio superiore della magistratura
Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno della magistratura. il Csm è composto da 27 membri, di cui:
• 3 membri di diritto, cioè non eletti, che sono - il presidente della Repubblica - il presidente della Corte di cassazione - il procuratore generale della Corte di cassazione
• 24 membri eletti
Il ruolo del CSM è governare la magistratura, valutando e gestendo in maniera autonoma le azioni di giudici e pubblici ministeri. Tra i suoi compiti c’è anche la gestione dei concorsi, degli avanzamenti di carriera, degli spostamenti e delle sanzioni disciplinari.
I 24 membri eletti sono eletti per due terzi dai magistrati e per un terzo dal Parlamento.
Per potersi candidare come membro del CSM è necessario raccogliere 25 firme di altri magistrati, a sostegno della propria candidatura.
Spesso tali firme sono date da correnti politiche interne alla magistratura.
Votando “sì” voterai per l’abrogazione dell’obbligo della raccolta di 25 firme.
I sostenitori dell’abrogazione dicono che, abrogando tale obbligo, i magistrati non sarebbero più obbligati a fare accordi politici interni per raccogliere le firme necessarie nel caso in cui non ne avesse abbastanza.
Votando “no” voterai a favore del mantenimento delle 25 firme necessarie per candidarsi.
I sostenitori del “no” affermano che la riforma non eliminerebbe il potere delle correnti, poiché esso interviene in modo poco rilevante. Inoltre c’è anche chi non vede le correnti come un sistema negativo in sé, in quanto aggregazioni di persone che condividono ideali e principi comuni.