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Violante Placido: «Ho voglia di condividere il mio mondo musicale»

Aggiornamento: 6 ago 2022

È una delle attrici più versatili del panorama nazionale, nonché musicista e cantante. L'abbiamo incontrata in occasione dell'uscita del suo nuovo singolo "Tu stai bene con me".

"Tu stai bene con me" è il titolo del nuovo singolo di Violante Placido, disponibile in radio e su tutte le piattaforme digitali. Il brano rappresenta una svolta nel percorso dell'artista e arriva a nove anni di distanza dalla pubblicazione di "Sheepwoolf", il suo secondo album in studio cantato interamente in inglese. Il passaggio alla lingua italiana favorisce un legame ancora più diretto con l'ascoltatore, un'immediatezza espressiva messa in risalto anche visivamente dalle immagini del videoclip diretto da Massimiliano D’Epiro e ispirato alla celebre pellicola “La donna scimmia" di Marco Ferreri.


Ciao Violante, benvenuta. Ci racconti da quali spunti è nata questa tua nuova canzone? «Vari spunti, diciamo che il videoclip è stato anche un mezzo per stratificare la canzone. Tutto è partito da una riflessione sull'amore, sullo stare bene con la persona che ci fa palpitare il cuore e che ci regala belle sensazioni. Questo, a sua volta, si collega a come stiamo con noi stessi. Può sembrare superficiale, ma il punto è che quando stiamo bene evitiamo di farci troppe domande, sviluppiamo la capacità di stare nel presente e di vivere quel momento possibilmente con più consapevolezza possibile».


Nell'epoca social il cui viviamo, però, ci lasciamo anche condizionare da ciò che ci circonda, al punto che portare avanti un rapporto di coppia è diventato quasi un atto eroico...

«In un passaggio della canzone dico: "Fermare il tempo, respirare lento", qualcosa che si riconduce anche al periodo che abbiamo vissuto con la pandemia. Questa esperienza ci ha messo di fronte allo stare fermi forzatamente, per alcuni è stato molto violento, per altri ha dato il tempo di vedere le cose dall'esterno e magari dargli un'aggiustata. Un momento sospeso che ci è stato utile per entrare in contatto con noi stessi, per capire cosa vogliamo senza lasciarsi travolgere troppo dalle circostanze esterne. A volte anche dal parere degli altri senza che ce ne accorgiamo, semplicemente perché cerchiamo una sorta di approvazione. Questa cosa a volte ci devia distanti da quello che siamo».


Interessante il videoclip che accompagna il pezzo, diretto da Massimiliano D'Epiro, una sorta di rappresentazione non didascalica, direi quasi allegorica, della canzone. Un omaggio anche al grande cinema italiano e al regista Marco Ferreri, no?

«Sì, io e Massimiliano siamo una coppia, ma a volte per sensibilità andiamo in direzioni diverse. Questo videoclip rappresenta per noi un punto di unione, anche se quando mi propose questa idea in prima battuta mi sembrava quasi una forzatura, finché invece riflettendoci bene l'ho trovata molto adatta al brano. Abbiamo attinto dal passato, da quel cinema forte che scuoteva gli animi delle persone, moderno allora come oggi, attribuendogli però un significato diverso. Il video inizia con un rito sciamanico tra due persone che si amano, quasi una liberazione per poter vivere il proprio status alla luce del sole, in un piccolo paese che rappresenta un microcosmo, dove tutti gli elementi dell'animo umano sono ancora più ravvicinati. Alla fine questa coppia attraversa il paese, in questa sorta di processione, e si ritrova a vivere la propria scelta a testa alta».



Questo singolo rappresenta un congiungimento tra le tue due anime, ti firmi con il tuo vero nome, mentre in passato eri solita attribuirti lo pseudonimo di Viola. Una scelta che rappresenta l'inizio di un nuovo percorso sia artistico che personale?

«Speriamo, nel senso che alla fine il percorso artistico, secondo me, è fatto di rinnovamenti e di evoluzioni. Negli anni mi sono resa conto che, tutto sommato, queste due anime sono venute sempre più incontro a vicenda, fino a stringersi la mano in qualche modo. Una grande spinta nel prendere questa decisione è stata la scrittura in italiano, che per me è sempre stata poco immediata. Ho dedicato negli anni del tempo per cercare una chiave che mi desse la possibilità di sentirmi convinta nello scrivere in italiano, finché questa cosa è avvenuta. Non escludo di continuare ad esprimermi anche in inglese, ma adesso ho sicuramente voglia di raccontarmi e condividere in maniera più diretta con le persone il mio mondo musicale».


Musica e recitazione sono due tue grandi passioni, oltre che mestieri che eserciti con la cognizione di causa del talento. Se per la recitazione possiamo intuire da cosa sia stato favorito questo processo, da cosa è stato scaturito invece l'interesse per la musica?

«Da sempre, da quando ero piccola ho sempre ascoltato tanta musica. Ho avuto la fortuna di avere degli zii giovani che mi hanno avvicinato a questa forma d'arte, anche se ho cominciato sin da bambina a sviluppare un mio gusto, scegliendo quello che mi piaceva molto presto. Il processo che mi ha portato a far diventare la musica un mio linguaggio personale, invece, è stato più tortuoso. Questa cosa è sfociata un po' più tardi, mi sono quasi autocensurata, perché ho vissuto questa possibilità con grande pudore per tanti anni».


Ho scoperto che in passato sei stata protagonista del videoclip di Ivan Graziani di "Maledette malelingue", quindi sei stata nella trasposizione visiva del brano la famosa Federica di quindici anni. Un brano sempre molto attuale, riascoltandolo oggi. Cosa ricordi di quell'esperienza?

«Guarda, ti dico la verità, anch'io ho avuto durante la mia adolescenza una storia con un ragazzo un po' più grande, sono cose che succedono. Ovviamente ci sono storie infelici o più felici che comunque fanno parlare. Se penso solo che mia nonna si è sposata a sedici anni e mio nonno ne aveva ventidue, in altre epoche succedeva spesso ed era considerato normale. Quindi, Ivan Graziani ha raccontato una realtà possibile. Sono felicissima di aver avuto questa occasione, perché lui è uno di quegli artisti che non muoiono mai, che ci accompagnano e che ci ha lasciato delle cose straordinarie. Quindi è stato un onore per me recitare nel suo video».


Quella canzone partecipò a Sanremo nel 1994, mentre esattamente vent'anni dopo hai debuttato al Festival in veste di ospite dei Perturbazione nella serata delle cover con "La donna cannone". Il palco dell'Ariston rappresenta per te un obiettivo per il futuro? Nel caso potessi scegliere, ti vedresti più come cantante o come conduttrice?

«Considero "La donna cannone" un brano molto significativo per la mia vita, lo ascoltavo tantissimo da bambina con i miei genitori. Ripensandoci oggi, forse, è stato un po' un azzardo proporre quella cover, perché Francesco De Gregori è uno di quegli artisti intoccabili in qualche modo, un po' come Lucio Battisti, poiché l'anima del cantante diventa quasi imprescindibile dalla canzone. Salire su quel palco è stata un'emozione enorme, per questo credo che al Festival ci si debba andare con qualcosa di forte, in cui si è convinti al 100%. È un palco che può metterti veramente in difficoltà, bisognerebbe davvero andarci con qualcosa di veramente significativo. Per quanto mi riguarda, chissà, mi sentirei sicuramente più mio agio come cantante che come padrona di casa».


Qual è la lezione più importante che senti di aver tratto dalla musica fino ad oggi?

«Credo che la musica sia il linguaggio più elevano in assoluto, quello che ci porta più vicini al cielo, mettendoci in contatto con le nostre emozioni più profonde. È impalpabile, ma al tempo stesso estremamente potente. Lo dimostra il fatto che le canzoni in pochi minuti ti squarciano dentro e ti portano a qualunque tipo di emozione, facendotela vivere veramente. Trovo che questo concetto sia molto legato alla voce, perché dal cantato e dell'interpretazione traspare tutto. Certo è che con tanta tecnica puoi nascondere un po' di cose, ma personalmente piacciono i cantanti dotati di una voce che mette a nudo la loro anima. Voci libere, imperfette, coraggiose e non troppo protette da tecnicismi. Queste sono le cose che, nella musica e nel canto, per me hanno valore».



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